Posts Tagged ‘sentimenti’

25. LET ME ENTERTAIN YOU

Giulia mi riempie la vita di occasioni. Feste, aperitivi, locali fighettini in cui mai e poi mai avrei messo piede. Ogni serata è una nuova opportunità per conoscere una marea di gente, così tanta da far fatica a ricordarne il nome. E soprattutto, napoletani, orde di napoletani. Eserciti tristi e confusi di partenopei in cerca di un pezzo di casa. Il nostro amato e bistrattato dialetto diventa così lingua nazionale per i nostri ritrovi. Neanche quando siamo nella nostra terra usiamo così tanto espressioni dialettali e modi di dire squisitamente partenopei. E’ un segno di appartenenza, di nostalgia. Facciamo emergere il nostro lato meridionale e lo eleviamo al quadrato, pur di recuperare un pezzo di quello che abbiamo lasciato quasi 1000 km più a sud di Milano. Se solo avessi la forza e la capacità di farmi avanti con qualche ragazza, a quest’ora sarei già tra le braccia di qualcuna e starei dimenticando Clelia alla grande. Per non parlare di Martina, lei è un chiodo fisso che non vuol saperne di andar via. Ovviamente, dopo il nostro incontro a Torino è sparita di nuovo. Non risponde ai messaggi, non dà segni di vita. Niente di niente e faccio fatica a capire il perché. Se non ti va di perder tempo con me potresti dirlo e arrivederci. Ho vissuto tutti questi anni senza averti nella mia vita e se voglio posso farlo di nuovo, anche se stavolta sarà molto più dura. Assaltiamo un tram. Festa privata su uno dei vecchi tram milanesi, che l’azienda municipale dei trasporti ha furbamente trasformato in discoteche su rotaia. L’alcol scorre a fiumi, le urla invadono ogni centimetro di questo trabiccolo a motore. Giriamo per le strade di una Milano silenziosa, in un sabato sera che sa di pioggia e inverno avanzato. In piedi su una delle panche di legno, faccio fatica a capire dove siamo. So solo che stasera avrei tanta voglia di andare, di spegnere il cervello. Sei qui per questo Giulia, per spegnermi il cervello. Per farmi riscoprire il lato leggero della vita, l’incoscienza, la capacità straordinaria di cogliere l’attimo e di fottersene del domani. Sei arrivata in questo periodo sfigato per scuotermi dal sonno e accompagnarmi in un mondo senza preoccupazioni e grosse pretese. L’insostenibile leggerezza dell’essere diventa improvvisamente aria, impossibile da toccare e incapace di far male. Sono una piuma che viaggia su un tram, una piuma che vola tra le strade di Milano senza meta. Mi bastano pochi minuti per farmi conoscere da tutti. Dalla mia postazione urlo e dirigo i cori, come un vecchio ultras dall’esperienza pluriennale. Sono il re della serata, quello che crea il casino. Lasciatevi intrattenere, fate parlare il clown. Il vecchio e triste clown che nasconde il dolore e l’ansia sotto risatine buffe e battute d’avanspettacolo. I miei professori delle medie avevano raccomandato ai miei genitori di iscrivermi alla scuola di recitazione. Incasinavo così tanto i loro programmi scolastici e le loro noiosissime ore di lezione da esser spedito fuori dalla classe almeno una volta alla settimana. Ero il clown, lo scemo del villaggio, quello destinato a piangere in silenzio e a far ridere a crepapelle tutti quelli che lo circondano. Peccato che negli anni del liceo mi sarei trasformato in un poeta decadente, rinchiuso nel suo angolino di banco, perso tra pensieri profondi e paura del domani. Mentre il presente mi scivolava tra le dita, arido e anonimo. Avevo ucciso il clown, per non deludere i miei, per paura di fallire a scuola e di diventare un poco di buono. Serietà, ci voleva disciplina e serietà. Oggi sono passati 13 anni da quando per la prima volta mi sono seduto sui banchetti del liceo. Riecco il clown, sepolto e abbandonato per anni fa la sua ricomparsa. Ridete gente, divertitevi davanti ai miei occhi stanchi e tristi. Divertitevi per me, accoppiatevi tra litri di vodka e culi sodi, tra tette al vento e capelli impomatati. Io vi guardo dall’alto, anonimo spettatore e direttore d’orchestra del vostro godimento. Non c’è lussuria per me, non c’è godimento. Guardare e non toccare, provocare ma non cogliere mai il frutto proibito. Sto lentamente diventando asessuato a furia di crogiolarmi tra amori impossibili e ricordi del tempo che fu e che mai più sarà. Per tre ore il tram si muove come un serpente tra le strade larghe e vuote di Milano. Torniamo alla base e veniamo sbattuti fuori, pronti a tuffarci in qualche locale per il bicchiere della buonanotte. Spostiamo i nostri culi sudati fuori a un localino in zona Arco della Pace, un altro ritrovo finto e ipercostruito dei giovani milanesi e dei finti lumbard come noi. Chiappe al vento, camicie stirate, capelli appena tagliati, pettorali in bella mostra. Ogni volta che mi butto in queste situazioni mi sento un alieno. Ma oggi ho imparato a fottermene alla grande, mentre in passato avrei camminato tra questi piccoli dei scesi in terra con la coda tra le gambe e lo sguardo basso. Chiacchieriamo del più e del meno, mentre non perdo l’occasione per continuare il mio show comico. Sono una macchietta mal riuscita, una cattiva imitazione di me stesso. – Tu sei atipico come napoletano – una biondina riccia, che a stento avevo visto nel tram, mi rivolge la parola dopo aver ascoltato per ore i miei in utilissimi sproloqui. – Che? Atipico? – Sì…sei uno di quei napoletani “signori”. Voi napoletani siete così, o siete il massimo dell’eleganza e della classe o siete i più cafoni del mondo. – Beh, come diceva qualcuno molto più nobile di me…Signori si nasce e io lo nacqui. Ride imbarazzata. Si passa le mani tra i riccioli e fa fatica a reggere il mio sguardo perso tra alcol e sonno. E’ carina, niente per cui perderei il sonno e la testa. Ma è carina. Un ragazzo “normale” le starebbe già col fiato sul collo per rivedersi e approfondire la conoscenza. – Ti ho notato mentre eravamo sul tram. Hai una simpatia geniale, originale…ricordi Massimo Troisi, sia nel modo di parlare che nell’accento. Che onore! Magari avessi una caccola dell’intelligenza e della genialità di Massimo. – Sai, da bambino abitavo nello stesso paese in cui è cresciuto lui. Forse per questo il mio accento è un po’ simile al suo. Sembriamo due idioti, due adolescenti timidi che non sanno cosa dirsi e come muoversi. Parliamo di comici napoletani e simpatia meridionale per dieci minuti, senza dirci un cazzo sulle nostre vite e senza minimamente preoccuparci della possibilità di rivedersi. Arriva la sua amichetta e le dice che è ora di andar via. – Comunque io mi chiamo Giada – – Bel nome. Io sono Diego – – Come Maradona? – – No, come Zorro – – Sei troppo forte. Allora ci rivediamo presto – – Certo, buonanotte – Bacetto sulla guancia e a letto senza cena. Ma cazzo, come posso essere così idiota da non chiedere il numero di telefono a una ragazza che stranamente si interessa a me e mi fa un complimento. Ma chi spero di trovare sulla mia strada, Monica Bellucci con le tette da fuori che dice di volermi sposare e voler fare 10 figli con me? Giulia ha assistito alla scena da lontano. Divertita si avvicina e senza pensarci troppo su decide di prendermi per il culo. – Abbiamo fatto colpo? – – No, abbiamo fatto schifo. – – Ma chi era? – – E che ne so. Si chiama Giada. Perché tu non la conosci? Non l’hai organizzata tu la festa? – Non l’ho organizzata io. E comunque ormai dovresti saperlo che quando esci con me ogni volta è come la prima. Sempre persone nuove, posti nuovi, amici di amici, amiche di amiche. Vai a capire come ci è arrivata sul tram. – Ecco…il mio solito culo! – Sei un mito lo sai? – Un mito? Io mi sento più vicino a un testicolo che a un mito. – Quanto sei scemo! Stasera hai fatto morire dal ridere tutti. Ormai sei famoso, sei l’amico che mancava a questa combriccola di terroni. Eccomi qua. Il vostro clown a richiesta. Chiedetemi un sorriso e io ve lo regalerò. E mi raccomando, non chiedetevi mai cosa mi si agita dentro l’anima. Se è questo che volete da me, questo avrete.

23. FACEBOOK ERGO SUM

C’è una sola legge a cui credo fortemente di questi tempi: se non sei su Facebook non esisti.

Lo so, sono esagerato e categorico. Rispetto e capisco perfettamente quelli che odiano i social network o non provano alcun interesse verso l’argomento. Confesso di essere un Facebook addicted dichiarato e non ancora pentito. Passo ore e ore a fare inutili test, a cercare amici che non vedo dalle elementari, ragazze di cui ero segretamente innamorato al liceo o all’università e persone che ho conosciuto appena due giorni prima.

Ma da quando Clelia mi ha lasciato, sono stato capace di superare la sottile linea di separazione tra la dipendenza e la mania.

Ho cominciato ad aggiungere gente che non ho mai conosciuto!

Persone con interessi in comune, amiche di amici che hanno una bella foto nel profilo, gente iscritta agli stessi inutilissimi gruppi a cui sono iscritto io.

In questo enorme calderone di volti e nomi sconosciuti, c’è chi non accetta la tua amicizia (giustamente), chi ti aggiunge per gentilezza e curiosità ma dopo pochi giorni ti elimina dai contatti e chi ha un disperato bisogno di amicizia proprio come te e nel giro di poche ore fissa un appuntamento per passare dal virtuale al reale.

Giulia l’ho pescata in un gruppo di napoletani che vivono a Milano. Noi Pulcinella emigrati in Padania siamo come i cinesi. Facciamo comunità nel giro di poco, creiamo una fitta rete di relazioni sociali, commerciali e sentimentali e con un po’ di fortuna nel giro di pochi mesi ci troviamo una fidanzata napoletana nel letto e la mozzarella in casa tutti i giorni. Siamo provinciali e campanilisti anche quando fuggiamo via da Napoli.

E allora meglio sfruttare il fattore N. Quanti poveri napoletani con la nostalgia di casa ci sono a Milano? Uniamoci e proviamo a sentirci meno soli, usiamo la nostra malinconia come punto d’incontro per stringere nuove amicizie.

Giulia non è stata una di quelle che accettano le friend request alla cieca. Non tutti sono così perversi come me da dire di sì a ogni nuovo contatto. Lei ha voluto prima scoprire chi fossi e come mai le avessi mandato una richiesta d’amicizia.

GIULIA:  Chi sei?

DIEGO:  Song’ nu pazzo! Scherz. Ho trovato il tuo contatto sul gruppo dei napoletani a Milano. Più ne siamo meglio è, no?

GIULIA: Hai perfettamente ragione! Piacere di conoscerti.

Giulia ha 29 anni e lavora nel campo delle pubbliche relazioni. Anzi, lavorava. Dopo aver dato uno sguardo al mio profilo, guarda caso, si sofferma su un aspetto ormai non più rilevante della mia vita.

G.:  Ma sei un Copywriter?

D.: Lo ero…

G: Come lo eri?

D: Lunga storia…ho cambiato lavoro qualche mese fa, ma ho fatto una stronzata. Mi chiedi se sono un Copywriter? Sì, vorrei ancora esserlo. Ma al momento non lo sono e da buon napoletano scaramantico, preferisco far finta che non lo sarò mai più.

G: Mi spiace…cmq, te lo chiedo perché tra un po’ cambio lavoro.

D: E che lavoro vai a fare?

G: L’account in un’agenzia di pubblicità. Puoi dirmi cosa mi aspetta?

Un incubo! La pubblicità torna a bussare alla mia porta in tutti i modi. Con 10000 lavori esistenti a questo mondo, ti pareva che non andavo a beccare quella che lavora in un’agenzia e che per giunta fa anche l’account, che è il ruolo storicamente più detestato dai creativi. C’è poco da fare, quando è destino è destino.

Giulia è una valanga di parole e di buoni propositi. Basta fare un giro tra le sue foto, studiare i gruppi a cui è iscritta, gli artisti di cui è fan e ti rendi conto che questa ragazza è un vulcano in eruzione.

Da buona P.R. (anzi, ex P.R.), in 3 anni di vita milanese ha conosciuto tantissime persone e ogni sera ha sempre una serata particolare o un concerto da proporre ad amici e facebook conoscenti. E’ proprio quello di cui ho bisogno ora. Un vulcano che mi sputi lava addosso, che mi carichi la molla nei momenti in cui sono a terra, che mi faccia correre dall’eccitazione. Una che mi sappia far ridere ogni istante, con cui si possa parlare liberamente senza dover prima misurare la quantità e la qualità delle parole da usare. Una ragazza con cui sentirmi libero.

La mia tenacia nella ricerca di contatti tra facebook e le chat è stata finalmente premiata. Ho finalmente trovato una persona degna di essere conosciuta e scoperta volta dopo volta, un’amica che in 5 minuti riesce a svoltarti una serata o una giornata storta.

Giulia è il pepe che mancava in questo momento insipido e incolore.

Ma Facebook è come la vita. Facebook dà, Facebook toglie.

Nello stesso momento in cui, tramite il tanto discusso social network riuscivo ad allargare il giro delle mie conoscenze, scoprivo qualcosa che non avevo nessuna voglia di scoprire.

Guai a far lavorare troppo la mente quando si ha a disposizione un mezzo così potente tra le mani. Basta fare un paio di collegamenti, incrociare un paio di contatti e la frittata è fatta: scopri quegli altarini che sarebbe stato meglio non svelare mai.

E’ attraverso facebook che ho scoperto la verità sulla fine della mia relazione con Clelia.

Dopo un paio di mesi dalla fine della nostra storia, ero curioso di sapere se per caso stesse frequentando qualcun altro.

Le foto su facebook in cui appariva truccata e curata come non mai, mi facevano sospettare che qualche altro ragazzo fosse già entrato nella sua vita o che lei fosse alla ricerca di un compagno. E poi la conosco troppo bene per immaginarmela sola per troppo tempo.

Mi è bastato fare un paio di domande al marito di sua sorella per scoprire il nome della persona che stava frequentando, da lì alla scoperta della cruda realtà il passo è brevissimo.

Digito il nome di questa persona e scopro che abbiamo un’amica in comune. Spulcio per bene il profilo di quest’amichetta in comune e tra le 1000 foto scopro una foto in cui c’è anche il famigerato individuo che ha preso il mio posto nella vita di Clelia.

Dal link dell’album in cui si trova la foto, finisco su un album di foto di questo stronzo. Come posso chiamarlo altrimenti?

Vedo la sua faccia sorridente, da tipico chi attillo napoletano (l’equivalente del fighettino milanese e del pariolino romano) e foto dopo foto ecco arrivare Clelia sorridente accanto a lui in una foto del 16 gennaio.

Scorro la pagina per vedere se c’è qualche commento e scopro un commento di Clelia:

Grazie per non avermi taggato. Sei stato di parola!

Ma che brava! Dopo neanche una settimana dalla fine della nostra storia già uscivi con un altro. Cerco vanamente di non andare avanti con la fantasia. Ma purtroppo ho già capito tutto. Hai cominciato a frequentare questa persona subito dopo avermi lasciato e per non farmi star male hai cercato di non lasciare tracce in giro. Come se nel 2009, nell’era di facebook e della tag selvaggia, ci volesse tanto a scoprire certe cose.

Un dubbio atroce mi passa per la testa.

Continuo a scorrere le foto ed eccovi di nuovo insieme, questa volta in un gruppo di altre persone. La data è il 2 gennaio. Ma il 2 gennaio stavi ancora con me! A questo punto tutto cambia. Cambia l’idea che avevo di te, l’immagine dolce e di donna matura che mi ero costruito. In un attimo sei riuscita a cancellare i ricordi di due anni e mezzo d’amore. Pensando a te non penserò mai più agli attimi di dolcezza vissuti insieme, ai nostri segreti, ai nostri sogni durati troppo poco.

Da adesso in poi pensando a te riuscirò solo a ricordarmi questo: mi hai lasciato quando il primo idiota fighettino del cazzo ha cominciato a farti la corte. Mi hai lasciato non appena hai trovato il modo per rimpiazzarmi e non hai avuto neanche il coraggio di dirmi come stavano le cose.

Piango di fronte al pc e sento lo stomaco contorcersi dalla rabbia. Non ho mai provato tanto odio in vita mia e mi maledico per aver trascorso tutto quel tempo accanto a te.

Ti ho amato fino a sognare di metter su famiglia con te, ma da oggi in poi per me sei morta. Perché uccidere il tuo ricordo è il modo più semplice per liberarmi definitivamente dell’amore che ti ho dato.

22. MILANO- TORINO- MILANO- NAPOLI

Sono in viaggio verso Torino.

Mi sono svegliato alle 8 di mattina dopo un venerdì di bevute terminato all’alba. Non so nemmeno cosa ci faccio su questo cazzo di treno. A cosa serve continuare a farsi del male così? Mi sono ripromesso che questa è l’ultima volta. La nostra ultima chance. La tua last chance Martina.

Se anche stavolta non mostrerai nessun segno di interesse nei miei confronti, allora alzerò bandiera bianca una volta per tutte.

Non puoi continuarmi a illudere così. Non me lo merito. Non è giusto prendere per il culo una persona che per così tanto tempo è stata perdutamente innamorata di te.

Guardo fuori dal finestrino e penso che sarebbe bello se stavolta le cose andassero per il verso giusto.

Perché non può accadere un piccolo miracolo? Perché non arriva una benedetta scossa a cambiare la situazione in cui mi trovo?

Non vuoi essere tu la mia rivoluzione Martina?

Sto cercando disperatamente una risposta a questo momento. Sto impazzendo tentando di dare un senso a quello che mi è successo e voglio disperatamente credere al destino. Voglio pensare che non sia accaduto nulla per caso e che se c’era una lezione di vita da imparare io possa impararla in fretta.

Ma chi voglio prendere in giro?

Hai solo 20 anni e un mucchio di problemi per la testa. Probabilmente non sai neanche badare a te stessa e non hai idea di come superare certi ostacoli. Ma si può sempre darsi una mano a vicenda. E’ una vita che ti cerco e ti aspetto e ora sono stanco di aspettare.

 

Scendo dal treno e come al solito il cuore va per i fatti suoi. Potremmo ripetere la scena altre mille volte, non cambierebbe nulla. Indossi un basco grigio e un cappottino blu, hai sulla bocca del rossetto o del lucidalabbra alla frutta. Sono labbra fatte per essere baciate quelle, labbra che non aspettano altro.

–         Benvenuto a Torino!

–         Grazie tesoro. E’ da molto che aspetti? Il treno ha fatto un po’ di ritardo. – ti abbraccio cercando di rubare il tuo odore.

–         No, sono appena arrivata.

–         Dove mi porti di bello?

–         C’è una mostra sull’antico Egitto alla reggia di Venaria. Ti va?

Mi va? Ma ancora non l’hai capito che a me interessa poco di quello che facciamo e di dove siamo. Puoi portarmi anche a una mostra sulla storia dello stuzzicadenti dalla Mesopotamia ai giorni nostri. Accanto a te diventerebbe interessante anche una cosa del genere. Mi basta starti accanto, respirarti e guardarti. Mi basti tu.

–         Perfetto. Andiamo alla mostra  e poi facciamo un giro per Torino?

–         Sì, tanto prima di stasera non scappi giusto?

–         E chi scappa?

–         Però potevi restare a dormire da me. Così uscivi con me e i miei amici stasera e domani facevamo un altro giro con calma.

Dormire di nuovo accanto a te? Mi vuoi così male da volermi concedere il bis della nottata post concerto? No, grazie.

–         Hai ragione, ma domani ho degli impegni a Milano. Sarà per la prossima volta.

 

Giriamo tra teste mozzate di faraoni, utensili e monetine ritrovate in qualche posto lontano. Giriamo tra secoli di storia e cultura. Quante vite ci sono negli oggetti raccolti in un museo? Quante mani hanno lavorato la pietra, quante famiglie hanno usato gli utensili nella vita di tutti i giorni?

Riesci ad appassionarti per qualsiasi cosa e a trovare il bello ovunque. Poche ragazze riescono a interessarsi di medicina, scienza, arte, letteratura, storia con lo stesso entusiasmo che hai tu. Starti accanto e sentirti parlare è respirare vita, fare un giro infinito in tutta la bellezza che c’è nel mondo.

Mi metti voglia di vivere, di cambiare, di riscoprirmi. Se solo non fossi così follemente attratto da te potresti essere la mia migliore amica. Ma non mi basta, non mi potrà mai bastare.

E ancora non ho capito se questo lo sai o fai finta di non saperlo.

Passeggiamo nel parco della reggia, in una giornata tipicamente primaverile.

–         Sai, dopo aver trascorso gli anni delle mia adolescenza a desiderare di morire e a farmi del male da sola, sono dovuta ripartire dalle piccole cose per riprendermi la vita. Passeggiare in un parco, chiacchierare con un vecchio amico, andare a una mostra. Oggi sento dentro una voglia di vivere che mai avrei immaginato…

–         E’ così bello sentirti dire certe cose. A volte cerco di farmi coraggio e di pensarla come te. Se solo avessi qualche anno in meno, sarebbe tutto diverso.

–         Ma perché? Non sei mica vecchio?

–         No, ovvio che non sono vecchio. Ma sai, è strano ma a 27 anni vedi le cose in modo molto diverso da come le vedi a 20. Anche io quando avevo la tua età stavo messo male, ero incazzato con il mondo e mi faceva schifo qualsiasi cosa. Ma avevo la speranza a mandarmi avanti, la forza dei sogni. Oggi faccio davvero fatica a sognare. Non ci riesco più.

–         Secondo me tu sei capace perfettamente di sognare. E’ solo che non vuoi vedere le infinite possibilità che hai di fronte a te.

 

In questo momento ne vedo solo una di possibilità. E sei tu. Sei la mia unica possibilità, l’unica ancora di salvezza e so che non è giusto. Ti sto usando ancora una volta e inutilmente. Non posso aspettarmi nulla da te, tantomeno la redenzione dai miei errori e dalla mia immaturità. Hai 20 anni e riesci a farmi lezioni sulla vita e a dirmi parole di una saggezza incredibile. Hai 20 anni e sembri averne capito più di me di questo mondo. Le differenze si annullano, si capovolgono e si aprono nuovi scenari.

–         Hai ragione, ci sono cose che non posso fare a meno di sognare. Cose che sogno da una vita, eppure non si realizzano mai. E allora mi chiedo se forse non è meglio accontentarsi, fare come tutte quelle persone che non si pongono tante domande e vanno avanti felici e sereni. Non vorresti essere anche tu come loro Martina?

–         Non puoi desiderare di essere quello che non sarai mai. Sei fatto così. Sei uno stupido sognatore e allora? Che c’è di male? Sognare non costa nulla. E poi la banalità e la normalità sono così noiose. Non è meglio essere come noi? Essere dei diversi? Abbiamo un dono non trovi?

 

E allora perché sento questo dolore dentro quando ti guardo? Perché mi si contorce lo stomaco all’idea che tra qualche ora ti saluterò e sparirai per chissà quanti giorni o settimane?

Vorrei dirti che non ce la faccio a starti accanto così, che sto male se non posso averti. Ma in fondo farei solo l’ennesimo errore e mi sbatterei in faccia un’altra porta.

Ti sogno da anni, ma abbiamo appena cominciato a conoscerci sul serio. E’ la prima volta che mi apri il tuo cuore, che mi dici cosa ne pensi di me e com’è il tuo modo di vedere la vita.

Tabula rasa.

Abbiamo appena cominciato ad avvicinarci, non posso pretendere che tu sia innamorata di me o che voglia passare di già dall’amicizia ad altro.

Ho bisogno di calma. Devo lasciare che le cose vadano avanti così, aspettare con pazienza un altro incontro e poi un altro ancora. Nulla mi vieta di sperare e di credere al miracolo. Forse è solo questione di tempo e in questo momento non voglio e non devo correre.

Passeggiamo tra le strade della tua città.

Ti ho immaginato tante volte sotto quel cielo grigio, in una città che ha la fama di essere triste e spettrale. Ti immaginavo alle prese con i tuoi problemi e le tue paure e mi chiedevo come trascorressi le tue giornate.

Chissà come è entrato l’amore nella tua vita?

Vorrei sapere di più sulle tue storie, sapere se i ragazzi con cui sei stata ti hanno amata davvero come meriteresti.

So che è inutile chiederti certi particolari. Su certi argomenti sei muta come un pesce. Preferisci parlare d’altro. Di quello che ami leggere, di quello che ti piace fare nel tempo libero o quando esci con gli amici.

Hai difficoltà a capire i sentimenti e ad esprimerli. Lo vedo e lo sento ogni volta che ci incontriamo.

Come posso fare per farti sciogliere? Se esiste una parolina magica per entrare dentro di te dimmela. Dimmi se esiste un modo per farti abbassare la guardia, per capire cosa ti passa per la testa e cosa senti.

Siamo sulla riva del Po. Guardiamo il lento scorrere dell’acqua, rilassante e ipnotico. Oggi Torino è davvero bella, molto più di come la ricordassi.

E’ diversa da Milano. Riesce a mantenere ancora un sapore di antico, una faccia tranquilla e serena. Non si respirano la fretta e l’ansia tipiche di Milano.

–         Allora, cosa hai deciso di fare con il lavoro?

–         Sto cercando di rientrare nel mondo della pubblicità. E se non ci riesco, vorrei fare quanto meno un lavoro che abbia un minimo a che fare con quello che ho studiato e fatto nella mia vita.

–         E’ giusto. Come ti è saltato in mente di voler fare un lavoro in cui avevi a che fare ogni giorno con numeri, fatture e roba simile? Come se non ti conoscessi…

–         E infatti non mi conosco Martina. E’ in questo periodo che sto cominciando a capire veramente chi sono e cosa voglio. E’ quando tocchi il fondo e perdi tutto ciò che avevi che ti rendi conto di chi sei e apri finalmente gli occhi.

–         Ma non hai mai pensato di metterti a scrivere? So che te la cavi abbastanza bene. Ho letto le tue poesie sul tuo blog un po’ di tempo fa.

–         Peccato che in Italia ci campino sì e no in dieci con la scrittura. Purtroppo non è un lavoro fare lo scrittore. Lo è solo per pochi eletti fortunati e dotati di grande talento. E comunque non credere che non ci abbia mai pensato.

 

Ci ho pensato eccome.

Tre anni prima avevo scritto un romanzo di formazione in cui la protagonista femminile aveva le sembianze e il carattere di Martina. La sua figura mi aveva così tanto impressionato e ammaliato da accendermi dentro un fuoco.

E così mi misi a scrivere. Scrivevo ogni notte prima di andare a dormire. Scrivevo e immaginavo Martina alle prese con i suoi dolori, l’incontro con il primo amore, la rinascita e la voglia di tornare a vivere sul serio.

Scrissi 200 pagine in 3 mesi.

Quel libro è rimasto in un cassetto. Non ho mai avuto il coraggio di spedirlo in giro, perché non ho mai pensato di avere un vero talento per la scrittura. E poi temevo troppo il rifiuto, l’idea di sentirsi dire di no da ogni casa editrice.

Ma soprattutto non volevo che Martina lo leggesse.

Ora mi chiedi se abbia mai pensato di mettermi a scrivere. Cosa dovrei risponderti? Dovrei dirti che ho bisogno di un calcio nello stomaco pari a quello che mi hai dato tu tre anni fa?

–         E allora perché non scrivi? Anche solo per il gusto di farlo. Se poi riesci a pubblicare e a vendere, tanto di guadagnato.

–         Dovrei farlo…ci penso sempre, ogni giorno…sto solo cercando l’ispirazione e forse l’ho appena trovata.

Ti guardo negli occhi e sorrido. Rivedo le tue guance rosse e so che hai capito di cosa sto parlando. Sai che per me sei la più grande ispirazione e che se c’è qualcuno in grado di accendermi dentro emozioni tanto forti da doverle sfogare su carta, quella sei tu.

Torniamo verso la stazione e mi sento fiero di me. Non ho cercato di baciarti e ho evitato di saltarti addosso. Mi sono goduto una giornata di riflessioni e amicizia e mi basta questo. So di volerti, ancor più di prima. Ma so che non posso averti, non ora, non così. Oggi abbiamo fatto un altro passo in avanti, ci siamo donati un altro pezzo della nostra anima.

Sarai mia Martina. Deve essere così.

 

Mentre sono sul treno per Milano provo la solita tristezza e il senso di vuoto che ho ogni volta che ti saluto. Mi chiedo quando sarà la prossima volta che ti rivedrò. Con te è tutto sempre imprevedibile. Potresti riapparire tra due giorni, una settimana, un mese o sparire del tutto.

Squilla il cellulare. E’ Davide, un amico storico che conosco dai tempi del liceo. Davide vive a Milano da pochi mesi, ha trovato lavoro in una società informatica dopo aver vagato inutilmente per le aziende napoletane per due anni.

–         Dove cazzo sei?

–         Ciao Davide! Sono in treno, sono stato a Torino.

–         A Torino?

–         Sì, sono andato a trovare un’amica.

–         Non mi dire…Martina?

–         Sì, lei…

–         Martina la ex di tua cugina? Quella mezza pazza che ha tentato il suicidio e soffriva di anoressia?

–         Proprio lei coglione.

–         Te l’ha data?

–         Stai zitto idiota. E’ una lunga storia.

–         Ho capito, ho capito. Ti conosco troppo bene. Chiamami appena sei in stazione a Milano, andiamo a bere qualcosa e mi racconti.

Temo fortemente il suo giudizio. Davide mi conosce troppo bene per non rinfacciarmi la mia passione per Martina e per non farmi notare alcune coincidenze ricorrenti nella mia vita. So già cosa mi dirà e non ho nessuna voglia di sentirlo.

 

Scendo dal treno, dopo due ore infinite di viaggio passate a masturbarmi il cervello con canzoni sentimentali sparate a mille dal lettore mp3.

Davide mi aspetta alle Colonne di San Lorenzo. Due passi, una birra e tante chiacchiere per ricordare il passato, analizzare il presente e distruggere il futuro. Ho paura!

–         Allora? Che cazzo sei andato a fare a Torino? Ma almeno un bacio te l’ha dato?

–         Magari…

–         Noooo! Ma non ci perdere tempo. Tanto non ne vale la pena.

Un Euro per ogni persona che mi ha detto questa frase negli ultimi mesi e a quest’ora sarei ricco e avrei risolto il problema lavoro.

–         Lo so che non ne vale la pena. Però…sai come sono fatto. Mi conosci da una vita.

–         Sì, ma non hai più 16 anni. All’epoca te le concedevo certe cose. Ora basta, non puoi continuare così.

–         Ma non ci posso fare niente. Per quanto sappia che forse mi sta solo prendendo in giro e che difficilmente ci sarà qualcosa tra di noi, ho desiderato troppo passare del tempo con lei per non sfruttare la breve distanza che ci separa ora. E poi siamo entrambi single da poco…

–         E allora? E’ anche peggio di quel che sembra. Guarda caso, ti ha contattato proprio dopo che il ragazzo l’ha mollata. Strana coincidenza non trovi?

–         Che vuoi dire? – faccio il finto tonto ma so benissimo a cosa si riferisce. Il pensiero ha sfiorato la mia mente sin dal primo momento.

–         Voglio dire che sai meglio di me come sono fatte le donne. In certi momenti hanno bisogno di sentirsi corteggiate. E guarda caso, lei ha chiamato proprio te.

–         Già…lo stupido cagnolino obbediente sempre pronto a correre da lei e a riempirla di complimenti.

–         Esatto. E ti devo rinfrescare la memoria?

–         No! Ti prego, non tirare fuori la storia di Elena. Per me quella è preistoria.

–         Sarà pure preistoria, ma le coincidenze sono inquietanti. Cazzo, non puoi perdere la testa per ogni ragazza problematica che incontri. Hai buttato gli anni migliori per star dietro a Ele. E guarda caso, anche lei era anoressica e con il cervello schizzato. Ma ti piacciono così tanto le malate di mente?

–         Non sono malate di mente…non più di quanto non lo sia io. Sono semplicemente diverse, fuori dal comune. E a me la normalità sta sul cazzo, da sempre. Ora più che mai lo capisco. Non voglio la banalità, voglio la follia e l’originalità nella mia vita e se questo significa avere a che fare con ragazze come Martina, Amen!

–         Bah…ma Clelia com’era? Io non l’ho mai conosciuta.

–         Anche lei aveva le sue belle scimmiette in testa…però nulla a che vedere con Elena e Martina. Tra le varie pazze che ci sono state nella mia vita, era la pazza più normale.

–         Ma perché a noi due non è andata come ad alcuni dei nostri amici di classe? Fidanzati dai tempi del liceo e ora a distanza di 10 anni stanno quasi per sposarsi. Beati loro!

–         E che palle! La tipica mentalità napoletana. Il matrimonio come fine ultimo della vita. Ma tu davvero li invidi? Cazzo, non hanno mai avuto modo di vedere cosa c’è fuori dalle loro quattro stupide mura. Non si sono mai chiesti se è davvero la migliore delle situazioni possibili quella in cui si trovano intrappolati da 10 anni. Io non voglio accontentarmi, non lo farò mai!

Non è possibile che esista ancora questo modo di ragionare. E’un virus radicato nell’anima dei napoletani da cui è quasi impossibile liberarsi. Unico obiettivo: un rapido matrimonio. Quanta gente ho visto rovinarsi con questa fissazione. Coppie di ventenni sposarsi dopo 3 anni di fidanzamento, venticinquenni appena laureati che si sono accasati ancor prima di trovare lavoro, gente che per una vita intera è stata con la stessa persona accanto, stando male e restando in silenzio. Anche io sogno un matrimonio e ho gli incubi all’idea di restare da solo. Ma non ci si può sposare per legge e perché lo fanno tutti. Ci si sposa quando è il momento giusto per farlo e con una persona che si ama alla follia, non con la prima che si è mostrata disponibile. Ancora oggi, nel 2009, devo sentire mia madre che mi consiglia ipotetiche fidanzate solo perché sono brave ragazze. Ma ci si può fidanzare con una donna solo perché è una brava ragazza e sai che non ti romperà mai le scatole per nulla?

 

Davide ride e nonostante sia abituato da secoli alla mia filosofia di vita, ancora non se ne fa una ragione.

–         Bravo, non ti accontentare! Intanto loro hanno la ragazza, sono sereni e progettano un futuro.

–         Non me ne frega un cazzo del futuro Davide…non se prima non posso godermi il presente. Potrei morire domani o impiccarmi dopodomani. Voglio vivere ora!

 

11. COMPRARE I PRESERVATIVI PORTA SFIGA

Perché sei tornata? Sei riapparsa dal nulla e dal silenzio che aveva attraversato questi anni. Sei ricomparsa quando è cominciato il 2009, come a voler condire con lo zucchero l’inizio di un anno disastroso.

Sei tornata con un SMS, un semplice come stai? Sei tornata auto-invitandoti a Milano per un caffè. Il tuo tempismo è stato inquietante. Il venerdì in cui Clelia mi ha lasciato avevo parlato con te del nostro incontro a Milano. Poche settimane, il tempo di dare un esame all’università e finalmente saresti tornata nella mia vita. Non mi sembrava vero e mentre tornavo a casa da Clelia non pensavo ad altro.

Nulla accade mai per caso.

Non poteva essere stato il caso a farti riapparire pochi giorni prima che Clelia mi lasciasse; non mi andava di pensare al caso quando pochi giorni dopo ho scoperto che anche tu eri appena stata mollata.

Dovevo credere al destino. Ancora una volta mi servivi. Mi servivi per alleviare il dolore, per cancellare Clelia, per aggrapparmi a un’illusione prima di crollare a terra definitivamente.

Nei giorni che hanno preceduto il nostro incontro ci sentivamo spesso in chat. Eri insolitamente dolce e spontanea. Sentivo qualcosa di diverso in te; sentivo che eri una persona diversa da quella ragazzina timida e incazzata che ricordavo.

Eri cresciuta anche tu, modellata dalla vita e dalle esperienze.

Avevo immaginato tutto nei minimi dettagli. Avremo passeggiato per Milano, ti avrei fatto ridere e fatto scoprire i pochi posti veramente belli della città, la sera ci saremo baciati al concerto degli Oasis accompagnati dalla musica e dalla folla e la notte avremo fatto l’amore per ore. Finalmente saresti mia, soltanto mia.

Il giorno del nostro incontro c’era la neve. Milano era coperta da un manto bianco e tutto era stranamente silenzioso e pacifico.

Mi ero appena licenziato dall’agenzia ed ero sereno. Dentro di me sentivo che la vita stava finalmente prendendo il binario giusto.

Lavoro, stabilità, sicurezza e forse in tutto questo ci sarebbe stato un posto anche per te.

Quando incontri una ragazza che hai sognato per anni e nella testa hai la strana idea e la speranza di finirci a letto, devi essere pronto a ogni evenienza. La prima cosa da fare è comprare dei preservativi. Io odio quei cosi di gomma. Mi fanno raggrinzire il cazzo e lo rendono insensibile.

Ma di certo non mi sarei fatto scappare la rara possibilità di fare l’amore con Martina perché non ero fornito delle sanissime e santissime preucazioni.

Odio così tanto quei cosi da non averli mai comprati direttamente dal farmacista. Le rare volte in cui mi è capitato di doverli comprare, l’ho sempre fatto alle 3 di notte dal distributore del tabaccaio del paese. Nessun occhio indiscreto a spiarti, nessuna risatina stupida da sopportare.

A Napoli nessuno si fa mai i cazzi suoi. Se entri in una farmacia napoletana e chiedi una confezione di profilattici devi sorbirti gli sguardi della farmacista, della vecchietta e del tamarro in coda dietro di te e se sei sfortunato anche qualche battutina scema.

Per fortuna ero a Milano e ci è voluto poco.

–         Salve, vorrei una scatola di preservativi – chiedo alla farmacista con mezzo decibel di voce.

–         Guardi, sono tutti qui. Scelga pure.

–         Voglio gli Easy-on.- se proprio devo sopportarli, meglio non perdere tempo a indossarli.

–         6 e 20 prego.

–         Arrivederci e grazie.

Dio benedica la professionalità e la discrezione dei milanesi.

Quanta gente c’è in un treno regionale? Vedo scendere centinaia di persone e con il cuore in gola cerco i tuoi occhi tra la folla.

Arrivi di colpo alle mie spalle. Saltelli felice e mi abbracci. Non sei più una ragazzina, ma non hai perso un decimo della tua dolcezza e della tua bellezza.

Ho bisogno di tempo per sciogliermi. Mi viene in aiuto la tua spontaneità, insolita e inaspettata.

Che cosa ne è stato di quella ragazzina triste e scazzata? Ora sei un sorriso continuo; sei parole su parole, sei saggezza e profondità, sei luce che abbaglia e dà pace.

Sei la mia Martina, unica e preziosa. E sei finalmente pronta per essere mia.

Passeggiamo nel parco Sempione, vuoto e coperto di neve in ogni centimetro. Vorrei che questa neve potesse lavar via tutto quello che c’è stato in quest’ultimo mese. Vorrei che questa neve potesse essere segno di rinascita e purificazione. Lava via il mio dolore Martina, lavami l’anima. Dimmi che sei qui per salvarmi.

Il parco è solo nostro. Oggi possediamo un pezzo di questa città: unico e bello come non mai.

Vorrei baciarti qui, subito e senza aspettare un altro minuto. Ma il cuore e il mio fottuto cervello mi dicono che non è ancora arrivato il momento. Aspetterò, perché per oggi sei solo mia.

Quando andiamo a mangiare, mi tocca scontrarmi con una parte di te che è ancora tristemente qui.

Mangi mezzo piattino di riso in un’ora e si vede lontano un miglio che non hai nessuna voglia di finirlo.

Ti dico di non preoccuparti, di lasciarlo lì se non ne hai voglia.

–         Alcuni dei miei problemi sono ancora qui.

–         Andranno via. Un po’ alla volta te ne libererai. Per queste cose ci vuole tempo.

Ti stringo le mani per riscaldarti dal freddo che abbiamo preso nel parco. Vedo le tue guance arrossire e sono follemente innamorato di questa immagine. Sei rara. Oggi nessuna ragazza di 20 anni arrossisce più perché qualcuno la prende per mano.

Oggi sono tutte sgamate e sicure di sé, ti girano e rigirano su un dito senza mai chiedere il permesso.

Tu sei una di quelle che si addormentano di sera e si risvegliano col sole. Sei una canzone da scrivere e cantare a squarciagola; sei un quadro che non ha valore e impossibile da interpretare al primo sguardo.

Sei come i quadri che ti porto a vedere alla mostra di Manritte. Avrebbero potuto mettere insieme tutti i più grandi pittori della storia in quel museo; l’unica opera d’arte che voglio guardare sei tu.

Ti sento dentro ogni istante di più. Non vedo l’ora di poter stare di nuovo da solo con te, senza che nessuno ci possa vedere o disturbare. Voglio silenzio ora, perché non posso più aspettare.

Ti porto a casa, per asciugarci e riposarci prima di andare al concerto degli Oasis. Ma io non ho nessuna voglia di riposare.

Siamo seduti sul divano e sono a pochi centimetri dalle tue labbra. Giochiamo con il cuscino rosa schoking che Andrea ha gentilmente offerto a tutti i coinquilini. L’imbarazzo che c’è tra di noi si taglia a fette.

Le mie mani ti accarezzano la pancia, ti pizzicano, ti cercano e ti parlano in tutti i modi possibili.

Mi sembra di avere di nuovo 16 anni.

–         Chi l’avrebbe detto eh? Che un giorno ci saremo ritrovati a giocare con un cuscino da gay seduti sul divano di un appartamento a Milano?

Stai zitta Martina, non è più il tempo di parlare.

E’ il tempo di chiuderti le labbra con un bacio. Sento finalmente il sapore che ho sognato per anni. Inizio appena ad assaggiarlo e per qualche istante credo di non essere il solo a volerlo.

Mi riporti bruscamente sulla terra. Ti allontani e mi guardi stupita.

–         E questo cosa significa?

Resto allibito per qualche secondo. Cosa cazzo vuoi che significhi? Non dirmi che pensavi sul serio che non ci avrei provato. E’ troppo ingenuo persino per te un pensiero del genere.

–         Sono 4 anni che sogno di farlo, cosa vuoi che significhi?

–         Ho capito che sono 4 anni. Ma nel frattempo tu sei stato 2 anni e mezzo con un’altra e io ho da poco chiuso una storia di un anno.

E che dovevamo fare in questo lasso di tempo? Chiuderci in convento in attesa del destino o di un miracolo?

–    Ok! Ok! Ho capito…non preoccuparti. Fai finta che non sia successo niente.

–    Io non mi sento pronta. Sono confusa…è così difficile trovare persone che ci vogliano bene a prescindere da tutto, persone con cui si possa stare veramente bene…

–      Vieni qui…

Ti lasci andare tra le mie braccia. Ti stringo forte e accarezzo i tuoi capelli, cercando di memorizzare il tuo odore per quando sarai andata di nuovo via.

–         A te piace stare con me Martina?

–         Sì. Ti ho sempre stimato tanto. Anche quando stavi con mia cugina, non capivo perché si lamentava di te.

Stima eh?

La stima è un sentimento che sa tanto di presa per il culo. Sai, ti stimo tanto, mi sei simpatico, mi piace chiacchierare con te, ma piuttosto che baciarti mi accoppio col cuscino rosa schocking.

–         Ti stringerei così forte da ammazzarti…

Ridi e ti accuccioli ancora di più tra le mie braccia.

–         Sai Diego, fin quando eri a Napoli era tutto diverso. Ora che sei a Milano, non siamo poi così distanti.

Dici? Peccato che mi sembra di sentirti lontana 1000 km anche ora che sei qui a mezzo centimetro da me.

–         Ma sì, possiamo vederci tutte le volte che vogliamo. E’ un’ora e mezzo di treno.

Palle.

Per stare dietro a una come te bisogna coltivarti giorno dopo giorno e non solo una volta al mese. Sei un lusso che temo di non potermi più permettere.

Restiamo in silenzio e abbracciati per mezz’ora, poi ci prepariamo e andiamo al concerto.

Approfitto delle canzoni più dolci e romantiche per stringerti. Ti abbraccio da dietro e ti sussurro le parole delle canzoni nell’orecchio. Sorridi imbarazzata, ma non ti lasci mai andare. Sai quante volte ho ascoltato queste canzoni pensando a te? Ora non puoi non farmi sognare mentre la musica e le visioni che l’accompagnano coincidono con la realtà.

Mentre torniamo a casa penso che dormirti accanto sarà uno strazio. Sei nella mia stanza, un minuscolo buco di un appartamento di periferia per giovani senza una lira. Il tuo letto è a mezzo centimetro dal mio e io non posso stringerti e toccarti. Prima di spegnere la luce e di darti la buonanotte, mi gioco la carta della disperazione.

–         Se per caso cambi idea e ti viene voglia di due coccole, sai dove trovarmi…

–         Ok…notte.

Ridi. E quando ridi ti vorrei strangolare, perché mi sento così ridicolo.

Il giorno dopo ti riaccompagno in stazione, ti abbraccio e ti prego di non sparire. Dici che non lo farai, ma faccio fatica a crederti.

Quando ritorno a casa sono ossessionato dal tuo odore. Vado a letto presto. Non nel mio letto, ma in quello dove hai dormito tu. E stringo la felpa che ti ho prestato per la notte e respiro il tuo profumo dalle lenzuola fino all’ultimo atomo che abbia il tuo dolce sapore.

Mi manchi già da star male e mentre annuso il tuo ricordo, mi accorgo che non ho proprio più l’età per giocare al tempo delle mele.

7. COME GUARIRE DAL DIABETE

Quando una lunga storia d’amore finisce senza un vero preavviso,  il problema principale è liberarsi da tutto lo zucchero con cui ci si è avvelenati l’anima giorno dopo giorno. Ogni coppia ha i suoi rituali, le sue paroline magiche, i suoi gesti irripetibili. C’è chi usa vezzeggiativi buffi come gattino, ciccino, ciciò, cocò, topolino; c’è chi si affida a una carezza particolare che fa sciogliere l’altro anche nei momenti di nervosismo; c’è chi si riempie di dolci e sfrutta ogni occasione per regalare all’altro quintali di cioccolatini e caramelle.

Anche la coppia più cinica e insospettabile del mondo finisce in questa trappola, c’è poco da fare. E allora come fai a guarire quando da un giorno all’altro ti ritrovi senza lo zucchero e sei costretto a una dieta ferrea? Niente più abbracci, niente più carezze, niente più paroline speciali, niente di niente. Il vuoto in cui piombi il primo giorno del resto della tua vita da single è agghiacciante. Ti svegli dopo aver fatto finta di dormire e aver pianto litri di lacrime a getto continuo. Anche il caffè non ha più lo stesso sapore: puoi metterci tutto lo zucchero che vuoi, sarà sempre amaro il primo caffè che bevi da solo. Sei solo al primo atto della giornata e già hai in mente lei: ti ricordi quando le portavi il caffè al letto la domenica mattina, nei vostri tentativi di convivenza da fine settimana. Vai in bagno a lavarti e pensi che la prossima volta in cui ti spoglierai di fronte a una donna senza sentirti in imbarazzo potrebbe arrivare tra anni e anni. Apri l’armadio e quello che ti sembrava uno spazio enorme è improvvisamente diventato un minuscolo armadietto da liceo. Vedi cumuli di magliette ammassate una sopra l’altra senza pudore e pensi che buona parte di quelle t-shirt le hai comprate con lei e le hai lasciate in un cassetto del suo armadio per più di due anni. Ti sei ripreso tutto quello che avevi accumulato a casa sua: vestiti, libri, profumi, spazzole, spazzolini, orologi. Le avresti lasciato volentieri tutto pur di non vivere quello strazio ogni giorno. Quando finisce una storia, tutto intorno a te sussurra parole strazianti e cariche di ricordi. Gli oggetti si trasformano in mostri, cominci a odiare jeans e camicie che fino a pochi giorni prima avevi adorato. Molti posti della città diventano tabù: eviti i ristoranti in cui sei stato con lei, eviti il suo quartiere, eviti i posti dove sai che potresti incontrarla da un momento all’altro.

Ma quello che fa più male è la mancanza dello zucchero. Vorresti il suo calore nella notte e invece ti devi riabituare alla solitudine di un letto scomodo e a lenzuola piegate male e che non hanno odore. Per due anni avevi finito per amare un animale che ti era sempre stato sulle palle: il gatto. Gatto di qua, gatto di là, gattino mio, micino mio, fammi le fusa…era la vostra parolina magica. Ora se incontri un gatto per strada ti viene voglia di fargli tanto ma tanto male e ti trattiene solo il fatto che in fondo in fondo hai ancora della bontà nascosta da qualche parte nel tuo cuore malato. Lo zucchero è droga e non puoi privare un uomo di una droga senza dargli un preavviso.

Per guarire dalla crisi di astinenza, dopo aver inutilmente riagganciato i rapporti con il grande amore irraggiungibile della mia vita, ho cominciato a frequentare donne che tanto non avrò mai neanche il coraggio di scopare. Trentacinquenni attempate che muoiono dalla voglia di saltarti addosso, ragazze timide e impacciate che prima di accettare un invito a cena fuori ti faranno crepare per mesi. Dopo lo zucchero arriva il conto da pagare, salato e amaro. Se volete una cura vera per il diabete, l’unico rimedio è cercare in qualche cassetto dimenticato un’altra porzione di zucchero.